Il profilo 2020 del Risk Manager europeo
28/10/2020 Autore: Maria Moro
ANRA e FERMA hanno presentato i risultati della ricerca European Risk Manager Report 2020 che ogni due anni misura l’evoluzione della professione in Europa e il rapporto con il mercato assicurativo
La figura del risk manager che emerge dalla biennale ricerca European Risk Manager Report 2020, realizzata da FERMA, è quella di un ruolo che evolve, sempre più coinvolto nella gestione sistemica del rischio aziendale, ma che nel contempo si dichiara molto preoccupato per come sta cambiando il mercato delle coperture assicurative, con condizioni sempre più strette che potrebbero ulteriormente inasprirsi a seguito della pandemia.
La survey, giunta alla decima edizione, si prefigge lo scopo di approfondire l’evoluzione della professione dei gestori del rischio a livello europeo e di capire quali rischi preoccupano di più il settore. I risultati sono stati presentati nel corso di un webinar a cui hanno preso parte Typhaine Beauperin, ceo di Ferma, Alessandro De Felice, presidente di Anra e Chief risk officer di Prysmian Group, Carlo Cosimi, vice presidente di Anra e Head of corporate insurance and risk financing di Saipem, e Valentina Paduano, Chief risk officer Sogefi e Board member di Ferma.
Una professione di esperienza in cui aumentano le quote rosa
L’analisi per età mostra una particolare evoluzione della professione: anche se dal 2016 l’età media si va abbassando, la figura richiede una discreta dose di esperienza, con il 64% degli individui che ha un’età tra i 36 e i 55 anni. Una particolarità riguarda l’età per professionalità specifica, con dati che mostrano un progressivo spostamento dalla figura di Insurance Manager (Im) a quella di Enterprise Risk Manager (Erm, funzione che ha un approccio olistico del rischio aziendale) a volte ibridata con la funzione assicurativa: tra gli Insurance Manager il 68% ha più di 10 anni di esperienza, il 64% tra gli Erm / Im e solo il 40% tra gli Erm puri, allo stesso modo tra questi ultimi il 60% ha meno di 10 anni di esperienza, mentre i giovani sono rispettivamente il 32 e il 34% degli Im e delle figure che associano le due funzioni.
La transazione verso una figura che contribuisca alla gestione del rischio in tutti i settori aziendali è testimoniata dalle diverse attività svolte da Im e Erm: i primi svolgono attività esclusivamente afferenti alle tematiche assicurative, dall’insurance policy alla definizione della compliance, i secondi intervengono in attività sia di tipo operativo che strategico, in particolare nello sviluppo delle Risk Map e nell'identificazione e valutazione dei rischi, poi nell’implementazione della cultura del rischio aziendale, e al terzo posto nella definizione del framework Erm.
Uno sguardo generale sull’Europa mostra che la maggioranza (54%) dei risk manager lavora nel settore industriale ma con grande varietà tra un paese e l’altro, tanto che se l’Italia è in linea con la media europea, in Germania la quota supera il 70%. Per quanto riguarda gli altri settori, il 29% lavora in ambito finanza e solo il 13% nei servizi. La figura si trova associata alle imprese di grandi dimensioni (oltre i 250 dipendenti), dove lavora l’80% dei rispondenti alla survey (il 70% degli italiani).
Una piccola parentesi sull’analisi per genere, che mostra uno spostamento progressivo verso la parità a mano a mano che si scende con l’età dei professionisti: se la media europea conta il 68% di risk manager uomini e il 32% di donne, esse sono il 52% tra gli under 30 e solo il 16% tra gli over60.
Nel focus italiano si evidenzia il peso che sta assumendo la figura dell’Erm (42%), rispetto agli Im (29%) e a chi copre il doppio ruolo (29%), segno possibile di una veloce transizione verso una professionalità che garantisce una visione più completa e prospettica del rischio, e che può interloquire con le compagnie assicurative con un approccio che va oltre il solo trasferimento del rischio e cerca il confronto sul processo complessivo di risk management.
Rimane al primo posto il rischio cyber
La survey si è svolta nei mesi precedenti alla pandemia e offre per questo uno sguardo sui rischi più temuti dai risk manager non influenzata dalla particolare situazione post Covid, mettendo in luce minacce che comunque permangono, in parte sottotraccia, anche nella fase attuale.
La top risk 2020 europea, commenta De Felice, “rispecchia il fatto che la maggioranza dei Risk Manager si occupano di Erm, e soprattutto in prospettiva i rischi su cui sono focalizzati riguardano il tema sostenibilità Esg”. La classifica vede al primo posto le minacce cyber, seguite dalle incertezze di crescita economica - replicando la coppia di testa già registrata nella survey del 2018 -, entrano tra i primi cinque rischi la disponibilità di talenti (al 3° posto) e la frode o furto dei dati (al 4°), mentre il rischio di over-regulation scende quest’anno dal quarto al quinto posto.
Nelle classifiche per macro-settori, al primo posto rimane in tutti i casi la minaccia cyber; la disponibilità di talenti è un rischio più sentito nel settore pubblico (38%; 26% nella finanza e 19% nell’industria), mentre la frode o furto dei dati è presente nel 38% delle risposte dei Rm del settore pubblico, nel 29% dei servizi e nel 26% della finanza; le incertezze legate alla crescita economica sono la seconda preoccupazione nell’industria (33%) e la terza nei servizi (23%).
In una prospettiva a tre anni, prevale la preoccupazione per cyber e velocità del cambiamento tecnologico; mentre guardando ai prossimi dieci anni il focus si sposta sul cambiamento climatico e gli eventi meteo estremi.
La rilevazione tra i risk manager italiani vede al primo posto tra le minacce più temute quest’anno il rischi cyber (39%), al secondo le incertezze per la crescita economica e la frode o furto dei dati (entrambi al 32%), di seguito le incertezze geopolitiche (23%) e l’iper regolamentazione (18%).
Il ruolo dei risk manager nella sostenibilità
I temi della sostenibilità (Esg) sono sempre più presenti nelle agende dei board, e arrivano a interessare anche i risk manager, più in Italia (46%) che nella media europea (27%). A livello complessivo, le principali sfide che i gestori del rischio si trovano ad affrontare in tema Esg sono la difficoltà nell’inquadrare i rischi di sostenibilità (81%), la conoscenza limitata di tali rischi (70%), la mancanza di opportunità (55%) e la poca collaborazione tra specialisti Esg e Erm (51%), che solo nel 20% dei casi vede una interazione regolare sulla base di un preciso mandato.
Valentina Paduano ha ricordato che nell’attività di promozione svolta da Ferma e nel suo confronto continuo con le istituzioni europee, il tema del ruolo del risk manager nei processi di sostenibilità assume un peso importante: in particolare l’associazione europea ha avviato progetti su tre filoni principali, ovvero la Non financial reporting directive review, la Sustainable finance, e il Climate change adaptation.
Cresce il ricorso alle soluzioni assicurative captive
Una parte della ricerca ha approfondito la percezione dei risk manager rispetto al mercato assicurativo, che nel complesso è colto come più difficile per le aziende, e maggiormente in questa fase post pandemia. Il 90% dei Rm europei è preoccupato dalle limitazioni ed esclusioni di polizza sui rischi emergenti, l’88% teme i cambiamenti delle condizioni di mercato, il 68% gli accumuli di rischio e il 41% le nuove regolamentazioni, una “classifica” che si propone simile tra i rispondenti in Italia. La reazione, commenta Carlo Cosimi, “è nel 76% dei casi di aumentare le azioni di mitigazione del rischio, o di avvicinarsi a strumenti alternativi del mercato assicurativo tradizionale, mentre il 43% pensa di affidarsi a soluzioni captive nuove o esistenti, una crescita notevole e indicativa rispetto al 15% del 2018”. Sullo stesso tema in Italia i dati differiscono: la predisposizione per il risk retention è del 41%, e il ricorso alle soluzioni captive è considerato solo dal 14% degli intervistati.
Con uno sguardo sull’acquisto di coperture, colpisce il fatto che nonostante il cyber sia percepito come rischio in forte crescita, a livello europeo il 35% dei Rm dichiara di non aver ancora implementato coperture specifiche e per un altro 35% hanno un valore inferiore ai 50 milioni di euro. Molto più diffuse le polizze D&O (solo l’8% afferma di non avere coperture) ed è in forte crescita la responsabilità ambientale, anche se il 27% non si protegge da questo rischio.