Tra il dire e il fare: misurare la D&I
05/11/2020 Autore: Chiara Zaccariotto
Diversità e inclusione sono diventati negli ultimi anni concetti la cui centralità viene riconosciuta quasi da tutte le aziende, pronte a comunicare e promuovere le proprie iniziative in tal senso. Tuttavia, quando si analizzano i dati l’evidenza è che servono ancora tempo e sforzi ulteriori per arrivare a una vera parità, e che – per quanto l’impegno attuale vada riconosciuto – le aziende non siano concretamente attive a sufficienza.
Uno degli osservatori più completi e, soprattutto, focalizzato sul settore finanziario – assicurativo è When Women Thrive, creato sei anni fa da Mercer, parte del Gruppo Marsh & McLennan Companies (MMC). Il Report di quest’anno, presentato a fine ottobre, ha potuto contare su un campione di 1.150 aziende in 54 Paesi, in rappresentanza di oltre sette milioni di dipendenti.
L’81% dei rispondenti afferma che le tematiche D&I hanno nella propria realtà un ruolo “importante” o “molto importante”. D’altra parte, passando dal piano delle opinioni a quello dei fatti, la rappresentanza femminile nel complesso si limita ancora al 40%, due punti soltanto in più rispetto alla rilevazione del 2016. L’accordo è unanime nel ritenere che i team con una maggiore diversità portino valore aggiunto (proprio l’analisi di Mercer rileva che questi gruppi hanno una percentuale di successo più alta del 28%), tuttavia ancora oggi donne, rappresentanti di etnie diverse, appartenenti alle comunità LGBTQ+ e persone con disabilità ricoprono pochissimi ruoli di leadership o esecutivi. Tra le aziende Fortune 500, soltanto 33 (quindi circa il 7%) sono dirette da donne, e meno di un terzo ha nel board una rappresentanza bilanciata di donne o persone appartenenti a minoranze. Cosa serve per passare dalle intenzioni alle azioni, e vederne i risultati? Secondo il Report è possibile combinando tre elementi chiave nella gestione della D&I: l’utilizzo di analisi data-driven per prendere decisioni e misurarne l’impatto nel tempo, il porre obiettivi chiari e concreti, il cui risultato sia riscontrabile, e il coinvolgimento e la proattività del top management.
Aree d’attenzione
In merito al coinvolgimento del top management si rileva un progresso rispetto alla prima indagine, con il 59% dei rispondenti europei che si dice “fortemente d’accordo” o comunque “d’accordo” con il riconoscere un effettivo impegno del board e una percentuale maggiore (68%) che dà la stessa risposta relativamente ai livelli senior executive. La percentuale cala però nel prendere in considerazione il middle management e i front line manager, due categorie che sono fortemente coinvolte solo secondo il 14% degli europei e coinvolte secondo un altro 38%. Un risultato che potrebbe significare che la cultura della diversità e dell’inclusione è riuscita a permeare le sfere più alte, ma non ancora ad espandersi a cascata su tutti i livelli sottostanti.
Un’altra area di attenzione – ed è quella su cui il report focalizza maggiormente – è il divario tra le convinzioni e i riscontri effettivi, o meglio la possibilità stessa di averne. L’81% delle organizzazioni si dicono impegnate nel migliorare la diversità e l’inclusione, ma soltanto il 42% ha una strategia a medio – lungo termine. Il 79% delle imprese sostiene che al proprio interno donne e uomini abbiano eque occasioni di accedere ai ruoli di leadership e agli avanzamenti di carriera, e il 71% ritiene non ci siano discriminazioni nelle possibilità di mobilità interna (da un ruolo o una unit ad un’altra, ad esempio). Il contraltare è che soltanto il 52% di queste imprese ritiene che le donne siano equamente rappresentate nei ruoli manageriali. In più, la percentuale di quelle che misurano e tracciano la distribuzione di genere al proprio interno si ferma al 64%, ed è ancora più bassa se si considera l’analisi quantitativa nelle promozioni e assunzioni (58%) e nella mobilità interna (41%). Passando ad un’altra delle questioni chiave, il 74% delle organizzazioni si dichiara attenta e attiva nel garantire parità di retribuzione tra uomini e donne. Soltanto il 56% però effettua valutazioni in merito con un approccio statistico e appena il 44% ha un processo formale per risolvere eventuali disuguaglianze rilevate.
Il fatto di non poter avere una misurazione concreta dei risultati delle politiche di diversità e inclusione non è solo un ostacolo a un’effettiva presa di coscienza delle imprese che ancora non fanno abbastanza, ma anche uno svantaggio per quelle che stanno avendo risultati e non se ne rendono conto perché non li quantificano.
Per chi desiderasse approfondire, segnaliamo che il report completo è disponibile al link https://www.mercer.it/our-thinking/ricerca-when-women-thrive-2020-diversity-inclusion-parita-genere.html .