Giorno della Memoria, il rischio di dimenticare
27/01/2023 Autore: Giulia Gotelli
In occasione del 27 gennaio, ANRA ha incontrato Roberto Janach, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah per una lunga chiacchierata sul valore del ricordo
“La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla”. Così Primo Levi descrive nel celebre volume “La tregua” l’arrivo dell’Armata Rossa nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che stabilì la definitiva liberazione dei suoi prigionieri. Il 27 gennaio di sessant’anni dopo, nel 2005, viene scelto dalle Nazioni Unite per l’istituzione del Giorno della Memoria per la commemorazione delle vittime dell’Olocausto, divenendo così una data impossibile da dimenticare.
Ma Auschwitz era soltanto la meta finale di un viaggio che, per alcuni, trova le sue radici a Milano, da quel Binario 21 divenuto tristemente famoso per aver visto partire, dal 1943 al 1945, una ventina di convogli destinati ai principali campi di concentramento. Da qui iniziò anche il tragico viaggio di Liliana Segre e della sua famiglia, ed è proprio qui che nel 2013 vede la luce il Memoriale della Shoah di Milano gestito dall’omonima Fondazione.
In occasione del 68esimo anniversario dalla sua nascita, ANRA ha deciso di incontrare uno dei suoi rappresentanti di spicco, il presidente della Fondazione Roberto Jarach, per affrontare insieme una tematica ancora attuale: il rischio di dimenticare e l’importanza di ricordare.
A dieci anni dalla sua fondazione, che cosa rappresenta il Memoriale?
Parliamo in realtà dei dieci anni dalla prima inaugurazione ufficiale del percorso di visita del memoriale: nel 2013 proprio in occasione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio 2013, avevamo fatto l’inaugurazione della parte di visita perché la biblioteca non era ancora completata.
Non solo un custode della memoria storica ma anche un luogo dove ci sono occasioni di confronto: con quale scopo avete creato la Fondazione e il Memoriale?
Occorre tenere presente che il gruppo di lavoro che ha dato inizio all’idea di realizzazione di qualcosa aveva lavorato con lo scopo di creare un centro giovanile per l’incontro dei giovani e la formazione delle coscienze dei giovani. Da questo si era passati all’ipotesi tra le varie alternative di spazi che avevamo esaminato, quella di chiedere alle ferrovie la disponibilità di quest’area.
Quando nel 2004 ci è stata confermata la possibilità di avere questi spazi in assegnazione, è cambiata leggermente l’impostazione perché da centro giovanile con un chiaro obiettivo di età dei frequentatori, è diventato un centro di formazione generico per chiunque volesse visitare questo luogo. La caratteristica fin dall’inizio, viste le superfici, gli spazi, la struttura è stata quella di vedere due anime e due zone del memoriale: una che è quella che io definisco monumentale di valorizzazione delle sensazioni, delle percezioni e della memoria attraverso le sensazioni, l’altra invece quella di formazione ed elaborazione che è formata dalla biblioteca, dall’auditorium, dalle aule didattiche e quindi da spazi con possibilità di formazione generica.
Oltre ad essere il punto di riferimento per il mondo del risk management, ANRA è anche un ente di formazione quindi questo aspetto ci accomuna: chi si occupa dell’attività di formazione e com’è strutturata?
Bisogna tener conto che noi non abbiamo ancora una struttura lessicalmente definibile struttura, abbiamo collaboratori nelle varie forme consentite dalla legge, ma non un organigramma con delle funzioni specifiche anche se abbiamo una persona responsabile della gestione generale di tutto il Memoriale che ha come collaboratori una persona che gestisce gli eventi, una che gestisce la formazione e una che gestisce i rapporti con le scuole. Il nostro target principale sono gli studenti e in secondo luogo, con un’attività che è andata incrementandosi nel corso degli anni anche la didattica interna ed esterna.
Proprio da quest’anno abbiamo introdotto le visite presso le scuole, che prima della nascita del Memoriale erano il vero canale di divulgazione curato dall’associazione Figli della Shoah. Progressivamente, avendo uno spazio a disposizione per poter la stessa azione ma in una collocazione unica, si è invertito il flusso. Oltre ad andare nelle scuole per fare una breve preparazione alla visita in modo che gli studenti arrivino al Memoriale con delle nozioni base che servono per meglio comprendere quello che poi vedranno durante la visita, faremo dei seminari, che sono già in fase di prenotazione. È interessante prendere coscienza del fatto che la sensibilizzazione delle scuole e l’interesse di insegnanti e presidi in quello che è l’inserimento della visita al Memoriale nei programmi delle scuole è andato aumentando in modo molto significativo. Durante il primo anno scolastico, quindi 2013-2014 avevamo avuto 12mila studenti, nell’anno 2018-2019 ne abbiamo avuti 42.600, quest’anno supereremo i 45mila avvicinandoci molto ai 50mila.
Qual è secondo lei il motivo dell’aumento di interesse negli studenti e quale feedback avete da parte loro durante la visita?
Devo basarmi sulle sensazioni riportate dalle guide perché tutte le visite scolastiche hanno una guida dedicata, in prima persona li vedo ma non li sento perché non riesco ad avere contatti abbastanza frequenti da potermi fare un’idea. Da quello che mi riportano, abbiamo sicuramente un’evoluzione del livello di preparazione molto incoraggiante: sia i professori che si rendono sempre più coscienti della necessità di non arrivare a una gita scolastica qualunque ma di arrivare a una gita culturale che ha bisogno di una preparazione, questo lo si nota perché gli studenti dimostrano molto più interesse e attenzione.
Non si deve sottovalutare l’impatto che sulla divulgazione dell’interesse la Shoah e tutti i fenomeni storici è la nomina della senatrice a vita Liliana Segre, che ha inciso in modo determinante e insostituibile. Ha fatto sì che questo diventasse un tema di interesse nazionale e fortunatamente nel modo migliore. A parte il costringere la senatrice a girare con la scorta, che è l’aspetto negativo, la sensibilizzazione è nata anche e soprattutto da questo.
La situazione della senatrice Segre e l’aumento della sensibilità sul tema sono due concetti in totale contrasto fra loro…
Penso che la considerazione di base su un argomento di questo genere sia il discorso numerico o dell’impatto quantitativo: è vero che ci sono queste manifestazioni d’odio deprecabili ma realizzate da un infimo numero di persone, mentre l’interesse generalizzato dimostra una maturazione degli insegnanti e del corpo studentesco nei confronti della storia e della memoria.
C’è il contrasto, effettivamente, ma in realtà l’elemento d’odio riguarda una assoluta minoranza che va combattuta e non sottovalutata, ma è una minoranza veramente infima rispetto ai 50mila studenti che vengono a visitare il Memoriale. Anche nelle classi dei 50mila che vengono probabilmente ce ne sono 10 che potrebbero pensare a qualcosa nel campo dell’odio e della violenza, mentre ce ne sono 49990 che sono invece interessati e traggono dalla visita un beneficio per la loro formazione. Ed è per questo che la senatrice ha insistito e fortunatamente ha ottenuto il rinnovo della Commissione contro le espressioni d’odio del Senato: era sorto qualche dubbio che venisse rinnovata quella Commissione che era stata fatta nella precedente legislatura e invece è stata riconfermata all’unanimità.
Abbiamo imparato che la storia è ciclica e il valore della memoria è forse l’unica “arma” che ci resta per evitare che gli avvenimenti del passato si ripetano. Come possiamo tramandare questo valore alle future generazioni, oltre alle attività di formazione di cui abbiamo già parlato, per fare in modo che resti vivo?
È un discorso che passa attraverso la capacità dei divulgatori e degli insegnanti di trasmettere messaggi positivi sulla memoria, che vuol dire non utilizzare la memoria a scopo vendicativo o comunque di accuse e di messa a fuoco di responsabilità negative. La memoria deve servire a far riconoscere i segni e le potenzialità della rinascita di elementi di violenza o di sopraffazione e da quelli trarre le linee di comportamento per migliorare la società. La memoria serve per costruire la coscienza, non per fare processi al passato: è giusto farli in un’ottica di critica storica non di processo perché il processo porta alla condanna, la critica storica porta al riconoscimento degli errori. Devo per forza passare attraverso il ricordo e l’elaborazione di quello che è successo per costruirmi intanto gli anticorpi, cioè capire e riconoscere e dopodiché costruire la coscienza, come fa l’associazione il Giardino dei Giusti di Gariwo con un discorso più universale che tocca le violenze e le sopraffazioni di tutto il mondo.
Come anticipato, l’attività della nostra Associazione si focalizza sulla gestione del rischio e sulla sua prevenzione. Ricollegandoci quindi al significato del Giorno della Memoria, quali possono essere i rischi potenziali legati al dimenticare e quale importanza ricopre invece il ricordo?
Chiaramente il rischio più grosso è la tendenza che le nuove generazioni hanno sempre avuto e continuano ad avere a un’emulazione molto spinta. I veri successi anche delle cose positive nascono sempre dall’emulazione. Nella violenza c’è questo, che l’emulazione della violenza ha molti seguaci perché l’essenza umana non è un’essenza pacifica, di fondo nasce e si sviluppa sempre con dei conflitti che se sono in famiglia sono più contenuti ma man mano che escono diventano più dirompenti perché vengono a mancare quegli elementi di smorzatura degli effetti che possono esserci in un ambiente chiuso. L’azione dell’educazione preventiva che facciamo anche al Memoriale, non è per far vedere cosa sono le conseguenze del campo di Auschwitz ma è un discorso generale per dire: “Ragazzi, prima di tutto non dovete imitare o avere certi comportamenti e secondo dovete prendere coscienza che un domani quando sarete più grandi dovrete essere propositivi nella formazione, ed essere voi i portatori di nuovi valori positivi”.
Per la prima volta dal 2020, il Memoriale torna ad organizzare una due giorni di visite gratuite: che cosa vi ha spinto a riproporre questa preziosa occasione e che riscontro vi aspettate?
Non avendo più emergenze sanitarie, abbiamo deciso di tornare alla vecchia abitudine, ovvero di avere, il 27 gennaio e nei giorni limitrofi, un momento di accesso gratuito per incentivare anche i dubbiosi che non vogliono o non possono spendere. Dopo queste giornate di open day, vedendo anche quella che sarà la risposta, probabilmente faremo una giornata o una mezza giornata gratuita al mese. È giusto farlo, questo luogo deve poter essere frequentato: il giorno in cui il Ministero ci garantirà un supporto adeguato per i costi di gestione potremo abolire completamente i biglietti anche se servono per monitorare il numero di accessi.
Che cosa vi aspettate?
Ho il terrore dell’invasione: mi sembra che durante le ultime giornate gratuite organizzate prima del Covid, avessimo avuto 8000 persone in tre giorni e gestire 2700 persone al giorno è abbastanza stancante per tutti. Quello che a me dispiace, soprattutto, è che con numeri di questo genere non posso fare tutte visite guidate, perché il limite di densità per le visite guidate non supera le 1500 persone al giorno ed è già un ritmo molto intenso.
L’aneddoto più bello da quando ha iniziato a occuparsi di questa attività?
Ho iniziato nel ’98 e ho ben 24 anni di aneddoti da raccontare: ricordo due momenti molto particolari. Uno è la visita dell’arma dei carabinieri, quando il comandante regionale milanese ha voluto portare qui i carabinieri di Milano e ha voluto sia la foto davanti al muro dell’indifferenza con 200 carabinieri, sia 200 carabinieri nell’auditorium che, tutto pieno quindi di divise nere tutte uguali faceva una certa impressione. L’altro, invece, è stato la prima volta che l’Inter ha portato 400 ragazzini delle giovanili in due turni da 200 perché abbiamo fatto anche uno spettacolo teatrale, e vedere tutti questi ragazzini in auditorium con la loro bellissima divisa apriva il cuore. La mia gratificazione è quella di arrivare la mattina e di vedere sul piazzale dai 200 ai 250 ragazzi sul piazzale in attesa di entrare.