25 novembre, niente è cambiato
25/11/2023 Autore: redazione ANRA
In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ANRA incontra Fondazione Libellula, il primo network di aziende unite contro la violenza sulle donne
Denunciare e non rimanere in silenzio: sono questi i messaggi che da settimane ormai si ripetono sulle bacheche di istituzioni, scuole, testate, complice la cronaca che ha riportato alla luce con chiarezza quanto l’eliminazione della violenza di genere sia ancora lungo. Oggi, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, nelle piazze d’Italia ci si ritrova per manifestare contro un argomento conosciuto ma per il quale non si trova soluzione.
"La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne richiama tutti a un rinnovato, personale, impegno. Non soccorrono improvvisate analisi di psicologia sociale a giustificare la persistenza di una piaga che non si riesce a guarire nonostante gli sforzi – ha dichiarato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una nota -. Abbiamo bisogno del lavoro delle Istituzioni, delle associazioni, del mondo produttivo, della scuola, della cultura, del contributo di ciascuno, per sradicare un fenomeno che tradisce il patto su cui si fonda la nostra stessa idea di comunità".
Per questo ANRA ha deciso di fare la sua parte, contribuendo ad alimentare la discussione su un tema che non può lasciarci indifferenti. Anche quest’anno abbiamo scelto infatti di diventare parte di quelle voci che denunciano l’ingiustizia di cui ancora molte donne sono vittime. Per farlo, in questo 25 novembre, ci siamo confrontati con Fondazione Libellula, il primo network di aziende unite contro la violenza sulle donne nato a Milano nel 2017 come iniziativa di responsabilità sociale di Zeta Service e diventato Fondazione nel 2020.
"La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne richiama tutti a un rinnovato, personale, impegno. Non soccorrono improvvisate analisi di psicologia sociale a giustificare la persistenza di una piaga che non si riesce a guarire nonostante gli sforzi – ha dichiarato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una nota -. Abbiamo bisogno del lavoro delle Istituzioni, delle associazioni, del mondo produttivo, della scuola, della cultura, del contributo di ciascuno, per sradicare un fenomeno che tradisce il patto su cui si fonda la nostra stessa idea di comunità".
Per questo ANRA ha deciso di fare la sua parte, contribuendo ad alimentare la discussione su un tema che non può lasciarci indifferenti. Anche quest’anno abbiamo scelto infatti di diventare parte di quelle voci che denunciano l’ingiustizia di cui ancora molte donne sono vittime. Per farlo, in questo 25 novembre, ci siamo confrontati con Fondazione Libellula, il primo network di aziende unite contro la violenza sulle donne nato a Milano nel 2017 come iniziativa di responsabilità sociale di Zeta Service e diventato Fondazione nel 2020.
Secondo i dati diramati dal Viminale e aggiornati al 19 novembre, dall’inizio dell’anno sono state uccise 106 donne, di cui 87 in ambito familiare/affettivo. Di queste, 55 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Ultimo caso eclatante, la morte di Giulia Cecchettin, uccisa a soli 22 anni dall’ex fidanzato, il decimo caso dall’inizio dell’anno nella fascia under30: un fenomeno tristemente in aumento che sottolinea come l’educazione affettiva sia ancora insufficiente nelle giovani generazioni. Quali le motivazioni?
L’educazione affettiva è sempre stata insufficiente, anche nelle generazioni precedenti, che hanno appreso come relazionarsi tra di loro dalla cultura nella quale vivevano le generazioni ancora precedenti. La società attuale, a livello di discriminazioni di genere, ha ancora diversi punti in comune con quelle passate, anche se questi punti sono meno esplicitati, più latenti e quindi più pericolosi, perché è difficile scorgerli.
Quello che è cambiato è che ci stiamo rendendo conto che niente è cambiato, e che la violenza di genere non finirà finché non ce ne assumeremo la responsabilità collettiva e non interverremmo di più sulla prevenzione anziché sulla punizione in seguito a violenza.
Secondo la vostra ultima ricerca, “Teen Community”, un adolescente su due ha avuto esperienza di contatti fisici non richiesti, mentre il 43% ha ricevuto richieste sessuali non desiderate: episodi che evidenziano ulteriormente come il concetto di consenso sia tuttora fumoso o totalmente sconosciuto sebbene si tratti di una delle basi per la costruzione di un rapporto “sano”. Quali gli altri segnali per riconoscere la violenza quando non visibile?
Se ti chiede di guardare il tuo cellulare e ti proibisce di accettare una richiesta di amicizia. Se esige di sapere ogni tuo spostamento quando non sei con lui/lei. Quando ti impedisce di vestirti come vuoi. Sono tutte forme di controllo che 1 adolescente su 3 scambia per forme d’amore e non di violenza, a causa della romanticizzazione di gelosia, possesso e senso di annullamento nel momento in cui siamo in una relazione.
Abbiamo visto come l’educazione al rispetto dell’altro sia indispensabile per prevenire episodi di violenza, ma altrettanto fondamentale è dare supporto alle donne che siano già state vittime di un comportamento abusante in ambito affettivo o familiare. Obiettivo che voi a Fondazione Libellula perseguite attraverso il progetto "Fai volare una libellula": in cosa consiste?
In generale supportiamo le donne che escono dalla violenza con un sostegno psicologico, offriamo assistenza legale e costruiamo percorsi di empowerment. In particolare con il nostro progetto di cura “Fai volare una libellula”, attraverso l’attivazione di doti educative, realizziamo interventi psico-educativi, ludico-ricreativi e formativi per le donne in uscita dal ciclo di violenza e anche per le loro figlie e i loro figli, vittime anch’esse di violenza assistita.
Abbiamo anche un altro progetto di cura, RinaSHEta, un percorso di accompagnamento al reinserimento e al ricollocamento lavorativo, perché per uscire dal ciclo della violenza è fondamentale avere un’indipendenza economica e autonomia.
La violenza non si realizza soltanto in ambito privato ma anche lavorativo, una dimensione che caratterizza la maggior parte della vita quotidiana di ognuno di noi: come riconoscerla e come affrontarla?
Attraverso una formazione continua che ci renda più consapevoli delle micro-aggressioni e ci ispiri, quindi, con i micro-interventi che possiamo agire per contrastare queste forme di violenza più piccole e quindi più insidiose. Tra queste forme invisibili c’è anche la minimizzazione della violenza, il gaslighting, il depotenziamento della donna sul lavoro. Facile dire “Non ho mai toccato una donna sul posto di lavoro”, ma quanti possono dire “Non ho mai detto che una donna occupasse un posto di lavoro per motivi di seduzione più che di competenza”?
La nostra Associazione ha appena pubblicato la nuova edizione del report Gender Diversity and Risk Management, che fornisce una fotografia aggiornata della tematica delle pari opportunità all’interno del mondo della gestione del rischio, nostro ambito di specializzazione. Come un Risk Manager può intervenire per promuovere all’interno della propria azienda attività di sensibilizzazione relative ai temi di DE&I?
Affidandosi a Fondazione Libellula, per esempio. In generale, non c’è modo migliore per cominciare che aprirsi all’ascolto delle persone che lavorano nell’azienda stessa. Il grande problema del privilegio è che te ne rendi conto solo nel momento in cui non ce l’hai (più), quindi per capire quali sono i problemi effettivi e le discriminazioni bisogna dare l’opportunità a chi le subisce di poterle manifestare, in forma anonima e totalmente sicura, che garantisca al lavoratore o alla lavoratrice di non avere ripercussioni e di potersi esprimere liberamente.
Da lì, dalle testimonianze collettive si può iniziare a capire quali sono le aree di intervento: la formazione sta sempre alla base, ma forse c’è bisogno di uno sportello anti-molestie? Oppure bisogna fare un lavoro di coinvolgimento maggiore per gli uomini? È più facile capire la strada da intraprendere se abbiamo un quadro della situazione, ed è il motivo per cui in generale noi facciamo delle survey che vanno a monitorare l’esperienza e la percezione delle varie forme di violenza.